In aiuto

Serena si è separata dal marito da pochi mesi. Il matrimonio sembrava finito per entrambi ma, poche settimane dopo aver lasciato la casa familiare, l’ex marito le chiede di ripensarci.
“Non posso vivere senza di te” le dice, “torniamo insieme”. Ma Serena è decisa, non lo ama più e, anche se si sente in colpa per la figlia piccola, sa che quella è la scelta giusta perché non vuole vivere nell’ipocrisia.

Da quel momento però lui comincia a perseguitarla.
Dapprima la tempesta di messaggi insistenti, che variano dalle frasi dolci per riconquistarla agli insulti più volgari.
Serena pensa di bloccarlo, ma non può impedirgli di contattarla per parlare con la figlia, che nella separazione consensuale è stata affidata a entrambi i genitori.
La persecuzione però si intensifica e non serve a nulla ignorarlo del tutto o, al contrario, cercare di spiegargli ancora una volta le ragioni della sua decisione.

Lui arriva a chiamarla più di 80 volte al giorno e a mandarle oltre 200 messaggi in 24 ore.
Poi Serena comincia a incontrarlo nei luoghi che frequenta abitualmente; quando non lo vede direttamente, le viene riferito dai colleghi che è stato visto nei dintorni.
Lui vuole farle credere che si tratta di incontri casuali, ma Serena sa che non è così, sente che non è così, e comincia ad avere attacchi di panico.
Si sente sempre osservata, controllata, ha paura a muoversi da sola, non riesce più a guidare, cambia i percorsi abituali per non incontrarlo.
È costretta però a vederlo per le visite della bambina, occasioni in cui lui cerca ancora di parlare di loro, di consegnarle regali o fiori, salvo poi insultarla se lei li rifiuta.
I suoi familiari e amici, preoccupatissimi, si informano presso un conoscente poliziotto che suggerisce di recarsi presso il Commissariato di P.S. e chiedere l’ammonimento del Questore.

La cosa funziona e la persecuzione si arresta di colpo.
Serena fa ancora fatica a riprendersi da ciò che è successo, non è ancora tranquilla. Sono gli stessi agenti del Commissariato a suggerirle di contattare il Centro AntiViolenza. Oggi Serena è seguita e supportata; non ha più paura e guarda al futuro con più tranquillità.

I nomi di questa storia sono nomi di fantasia. Gli elementi narrati, pur provenendo da storie reali, sono stati utilizzati liberamente al fine di costruire una narrazione emblematica.

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